Whatsapp: un’idea da 13 Miliardi di dollari
15 Marzo 2017 @ 16:29 - Blog
Tutti conosciamo e usiamo quotidianamente Whatsapp, il sistema di messaggistica istantanea più famoso al mondo. Con una semplice rete Wi-Fi, si può comunicare con chiunque in qualsiasi parte del mondo.
E senza spese.
Ma in pochi sanno come questa applicazione è approdata nella nostra vita. Whatsapp è un’idea di Jan Koum, ucraino, e Brian Acton, americano.
Due personalità diverse, ma con le stesse idee e ambizioni.
Koum è emigrato in America assieme alla nonna e alla madre quando aveva solo 16 anni, e ogni giorno si recava al centro dei servizi sociali per richiedere i buoni pasto, non avendo un alloggio e un reddito.
È qui che il ragazzo decide di studiare informatica da autodidatta e nel giro di pochi anni diventa un abile hacker, guadagnandosi così un posto in una società informatica, come security tester.
Brian Atcon è più fortunato, e dopo una laurea a Stanford, lavora prima alla Apple e poi a Yahoo!.
Qui incontra Jan Koum (assunto anche lui nella stessa società) e diventano amici.
I due ragazzi, dopo poco, decidono che Yahoo! è troppo poco per loro.
Nel 2009 esce il primo iPhone, e usando l’App Store, a Koum viene l’idea: aprire un startup per creare delle applicazioni che siano utili per le persone.
Così, dopo essere stati rifiutati al colloquio sia da Facebook che da Twitter, realizzano una prima versione di Whatsapp, e senza alcuna campagna la lanciano semplicemente sul mercato.
Sono bastati pochi mesi per ottenere 10.000 download al giorno, e in soli 5 anni gli utenti arrivano a 450 milioni.
Da piccola startup, l’attività cresce sempre di più, e attira molte società internazionali, Google prima tra tutte.
Il motore di ricerca però non è disposto a pagare un miliardo di dollari per l’applicazione.
Troppo esosa la richiesta dei due imprenditori.
Era il 2013 quando Google lascia perdere l’affare Whatsapp.
Un anno dopo, a far diventare ricchi Koum e Acton ci pensa Facebook, che acquista l’applicazione per 19 miliardi di dollari.
L’accordo viene firmato all’interno dell’edificio che un tempo ospitavano i servizi sociali dove Koum e la famiglia si recavano per ritirare i buoni alimentari.
Un forte segnale, questo, per ricordare sempre da dove è partito, quando non aveva nulla.